L’ex presidente Cardoso: «In Brasile fiducia da ricostruire»

04/01/2017


Il Sole 24 ore intervista l’ex presidente brasiliano, per parlare della situazione attuale del Brasile

Un anno vissuto pericolosamente, quello del Brasile. Una crisi economica molto dura, una “mani pulite” che pare inarrestabile, un impeachment che ha messo fuori gioco la presidenta Dilma Rousseff, sostituita da Michel Temer.

Fernando Henrique Cardoso, 85 anni, due volte presidente, ha governato tra il 1995 e il 2002; è un grande vecchio della politica brasiliana. Più grande che vecchio, dato che continua a essere conosciuto e riconosciuto come un politico di altissimo profilo nazionale e internazionale. Sociologo di formazione, parla inglese, francese, spagnolo e persino un inaspettato italiano.

Cardoso è ancora “richiamabile in servizio” qualora la stabilità istituzionale subisca altre scosse. È facile per lui, di fronte alla domanda diretta, «Presidente, potrebbe toccare ancora a a Lei?» appellarsi all’età. «Ho 85 anni, troppo vecchio».

Presidente Cardoso, visto dal sud del mondo, globalizzazione sì o globalizzazione no?

I sostenitori della “globalizzazione felice”, per usare un’espressione del sociologo Pascal Perrineau, sono duramente contestati da chi è rimasto escluso dai vantaggi. È indifferibile offrire loro una risposta in termini di princìpi fondamentali: libertà, dignità umana e uguaglianza democratica. Non è facile, però: oggi è cambiato l’algoritmo della politica. Il XVIII secolo, quello dell’illuminismo, era centrato sull’individuo, il XIX secolo sulla lotta di classe. Quello attuale è basato sulle persone che nascono e vivono in rete. Non ripudiano il collettivo, ma vogliono rimanerci dentro, pur mantenendo la propria autonomia, la propria libertà di scelta. Ci sono sì gli interessi, ma contano, eccome, anche i valori.

Presidente Cardoso, parliamo di Brasile. Gli indicatori macroeconomici continuano a mostrare segnali di crisi, acuta in molti casi. Come valuta i primi 6 mesi del governo Temer?

Era difficile immaginare che Temer potesse risolvere in breve tempo i nodi strutturali dell’economia brasiliana. È necessario che venga ripristinato quel clima di fiducia, tra gli imprenditori e nella società, che ora manca.

Gli ultimi due anni sono stati fortemente recessivi: il Pil del 2015 è caduto del 3,8%e quello del 2016 del. 3,3%. Quali sono i fattori di criticità più allarmanti?

Gli anni del boom brasiliano sono stati trainati da un boom di consumi, da una fiducia nel Paese, da un quadro internazionale favorevole. Tutti fattori su cui oggi non possiamo più contare. Ora i nostri conti di Finanza pubblica sono preoccupanti, i tassi di interesse sono troppo alti, il numero di disoccupati supera i 12 milioni. Il Paese ha un serio problema di competitività.

E quindi ?

Dovremmo recuperare fiducia. I prerequisiti sono due: regole chiare e stabili. Ci sono capitali, nel circuito internazionale, che negli ultimi anni non hanno guardato al Brasile con lo stesso interesse di prima. Dobbiamo ripristinare la fiducia e soprattutto una programmazione economica di alto profilo; la nostra buona competitività nel settore agricolo, minerario e petrolifero possono essere la parte complementare.

Il ciclone “mani pulite” brasiliano pare inarrestabile. È sempre più marcato lo scollamento tra società e politica: i telegiornali mostrano ogni giorno nuovi arresti eccellenti. Come si può superare questa impasse?

È vero, c’è una crisi morale. È importante, in questa fase, ricordare che le istituzioni sono solide, i giudici sono autonomi e “la giustizia“ funziona. Oggi ci sono politici e imprenditori di prima linea rinchiusi in carcere e l’impeachment contro Dilma Rousseff è stato traumatico. Detto ciò , spero che ci possa essere una rigenerazione politica, dato che il sistema giuridico brasiliano sta funzionando e ha il sostegno popolare. È necessario ricostruire fiducia tra i politici e i cittadini.

Gli episodi di corruzione che hanno colpito grandi gruppi come Petrobras e Odebrecht (colosso industriale del Paese) sono certamente gravi ma riguardano un nucleo ristretto di persone. Non c’è il rischio che questo ciclone giudiziario, la Mani pulite brasiliana, paralizzi e distrugga parte dell’economia pubblica del Paese ?

Sì, il rischio c’è. Mani pulite in Italia è durata meno che in Brasile, dove la giustizia è lenta. Petrobras e Odebrecht sono risorse insostituibili per il Paese. Una soluzione a questa crisi senza fine che travolge il grande settore industriale del Paese è questa: preservare le imprese e condannare le famiglie proprietarie. Altrimenti, davvero, il rischio potrebbe essere quello di essere comperati per pochi soldi da gruppi americani o cinesi.

Presidente Cardoso, nel 2018 ci saranno nuove elezioni presidenziali. Lei mantiene un prestigio indiscusso e Lula una altissima popolarità. Qualcuno dice che dovreste chiudervi 3 giorni in un ufficio e trovare la exit strategy a questa crisi politica, economica, sociale. Perché non lo fate?

 Perché Lula non vuole. Nei lunghi anni del suo governo ha ritenuto che fosse elettoralmente pagante per il Pt (partito dei lavoratori) non avere rapporti con il Psdb, il mio partito socialdemocratico.

I grandi successi della gestione di Lula, 30milioni di poveri uscita dal ghetto della miseria, rischiano di essere dissipati. Tutto il mondo ha guardato al Brasile come a un esempio da seguire.

Le politiche sociali non debbono essere smantellate e tengo a ricordare che molte di quelle iniziative le ho lanciate io, poi Lula le ha portate avanti. Ma le conquiste sociali sono un fatto politico necessario. Per questo è così importante tornare alla crescita del Paese. Dovremmo pensare a una tassa patrimoniale, ma i ricchi sono pochi e i poveri troppi. E anche la Tobin Tax è poco praticabile di questi tempi: i capitali sono molto volatili e sarebbe impossibile cercare di intercettarli.

Presidente, il sistema bancario italiano vive una situazione difficile. Tutti in Brasile, persino i suoi avversari politici, le riconoscono di aver attuato un’ottima riforma del sistema finanziario del Paese, che venne battezzata come Proer.Suggerimenti da dare all’Italia ?

La banca centrale non deve più risanare; l’obiettivo è quello di rendere efficiente il sistema creditizio, obbligare le banche a non prestare denaro al di là delle possibilità tecniche di ciascuno. Non è possibile sostenere banche incapaci di stare sul mercato.

L’attuale presidente Temer, pur sostenuto dal Congresso, non suscita alcun entusiasmo tra la gente.

 È un problema di comunicazione, Temer dovrebbe parlare al Congresso, ascoltare la gente, e cercare un riconoscimento popolare. Altrimenti non sarà seguito: è il destino di chi non sente il polso dell’elettorato. Se a questo aggiungiamo la presenza di 29 partiti rappresentati in Congresso, in Brasile, è facile capire quanto la governabilità sia complicata.

Fonte: Il Sole 24 Ore



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