Il settore agroalimentare italiano vince la crisi e guadagna 64 miliardi di euro nel 2020

07/06/2021


Sessantaquattro miliardi di euro di valore aggiunto: tanto vale in Italia il comparto del Food&Beverage secondo uno studio di The European House-Ambrosetti presentato all’apertura del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” nel quale si sottolinea come valga «tre volte rispetto all’automotive di Francia e Spagna, ma soprattutto un settore che ha saputo reggere meglio di chiunque altro il duro impatto della pandemia, riportando nel difficile 2020 una flessione tutto sommato contenuta nel valore aggiunto (-1,8%)».

Tradotto: il Covid non ha avuto un impatto negativo sui conti di sette aziende su dieci, che hanno registrato un aumento del proprio giro di affari, mentre oltre la metà ha mostrato ottimismo dichiarandosi fiducioso sulla possibilità di crescere anche nel 2021. Ovviamente, i dati hanno evidenziato come la situazione a livello di canale sia profondamente cambiata: se la Gdo ha segnato un rialzo del 2,2%, l’Horeca (il settore dei consumi alimentari extradomestici) al contrario ha subito una pesante contrazione pari al 36,5%, tornando ai livelli del 2002.

Emerge, invece, la rinata vitalità dei negozi di prossimità, che hanno usufruito dei vari lockdown per riposizionarsi e incrementare la propria quota di mercato al 18,9%. Sul fronte e-commerce, lo scorso anno le vendite sul web del settore food&grocery hanno contato solo per l’1,7% del totale acquisti, ma con una crescita nel 2020 del 56%. Complice le chiusure degli esercenti del fuori casa, il food delivery ha generato un valore pari a 706 milioni di euro, con l’obiettivo quest’anno di compiere un ennesimo balzo in avanti e registrare un giro di affari di un miliardo. Da notare che il servizio di delivery ha raggiunto il 100% dei comuni con almeno 50.000 abitanti e che i pagamenti sette volte su dieci sono stati effettuati con modalità cashless.

Positivo anche l’export cresciuto dell’1,8% al valore record di 46,1 miliardi di euro. Il Rapporto ha nuovamente richiamato l’attenzione sul gap che l’Italia sconta come export nei confronti di altri paesi europei. Significativo il fatto che un mercato strategico come quello cinese non sia ancora tra i primi dieci destinatari di prodotti agroalimentari italiani, al contrario di ciò che succede per altri paesi dove il Paese del Dragone è tra i principali approdi a livello internazionale.

Fonte: La Stampa



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